A differenza di molti miei compagni di "sventura", anche se preferisco riferirmi a loro come ai miei coraggiosi compagni di lotta quotidiana (e che ho imparato a conoscere, seppur solo virtualmente in questo ultimi due anni grazie alla potenza del social network piú famoso del mondo https://www.facebook.com/groups/malaticistinuria/ ) ho avuto una vita abbastanza tranquilla, almeno fino ai 28 anni.
Una colica di tanto in tanto, di solito in maggio o in novembre, in concomitanza con i cambi di stagione. Un paio di giorni di dolore, piú o meno intenso, una pietruzza espulsa (o piú di una) e tutto tornava alla normalitá. Universitá, poi lavoro, molto lavoro, stress, una grossa sconfitta a livello personale, di quelle che ti cambiano per sempre. Era marzo del 2011. Il dolore dell'aver visto sfumare il mio sogno piú grande, si mescolava ad un periodo di lunghe trasferte da sola in giro per l'Europa. Sentivo una profonda stanchezza, arrivavo alle cinque del pomeriggio sfinita, ma pensavo che tutto fosse riconducibile al caos della mia vita personale in quel momento. Il mio corpo mi stava dicendo di rallentare, questo pensavo.
E come il perfetto stereotipo di donna sull'orlo di una crisi di nervi, pensai che dedicare il mio tempo libero a distruggere quel poco che rimaneva della mia persona con alcool e feste sconsiderate, anche se non era una soluzione, almeno era divertente.
Agli inizi di aprile 2011, probabilmente a causa della mia "erronea idratazione", vengo colta dalla prima cistite. Un dolore fortissimo, la coda al Pronto Soccorso, antibiotico di routine e a casa. Il problema è che la cistite, nonostante l'antibiotico, non passa e dopo 48 ore sono di nuovo al Pronto Soccorso. Insisto perchè mi visiti un urologo, perchè mi ricordo di essere cistinurica e puó darsi che l'infezione sia portata da un calcolo. So che i dottori odiano i pazienti che si autodiagnosticano, peró io che ho sempre trascurato (e ignorato) la mia malattia, so perfettamente che si tratta di una malattia rara e che ben pochi dottori sanno di cosa sto parlando e quindi mi sento autorizzata a dare un suggerimento.
L'urologo mi ascolta e mi fa un'ecografia. Non so che cosa sia riuscito a vedere, ma mi intima di presentarmi per una TAC la settimana successiva. Il giorno della TAC, il giovanotto belloccio che realizza l'esame mi dice una frase che lí per lí non colgo: "Non avevamo mai visto una cosa simile in questo ospedale". Mi risulta quasi divertente. Non ci dó peso, del resto sono troppo impegnata ad andare in trasferta a Londra ogni settimana e a bere come una spugna ogni weekend.
Arriva il giorno di Pasquetta del 2011, con un post sbornia inenarrabile, vado dall'urologo per discutere il risultato della TAC e, quando il dottore mette le lastre sullo schermo illuminato, mi crolla il mondo addosso. Non mi dimenticheró mai quella mattina, né l'immagine del mio rene sinistro completamente bianco. Un calcolo cosidetto "a stampo" occupava al 90% il calice renale. Un mostro di quasi 7cm di lunghezza ostruiva il mio rene. Bisogna intervenire. E il giorno di Pasquetta del 2011 inizia il mio calvario personale.
Il primo intervento si realizza in ureteroscopia con laser per frantumare la pietra. Nessuna cicatrice visibile, ma il risultato di bonifica del rene è solo parziale. L'urologo rimuove solo il nucleo centrale (e sono convinta che di piú non avrebbe potuto fare) e mi lascia per la prima volta in compagnia di uno stent, un grazioso catetere che collega il rene alla vescica e fa in modo che il tuo uretere, giá duramente provato dal passaggio dell'ureteroscopio, non collassi su se stesso o non venga ostruito da frammenti di calcolo.
Il post operatorio è doloroso. Il fare pipí è un'agonia, ma per fortuna tutto passa. Lentamente, ma passa.
Il lavoro per salvare il mio rene era ben lungi dall'essere concluso, quindi mi tocca rimettermi in cerca di un buon urologo. Dove? In Inghilterra, dove per cause di forza maggiore mi sono dovuta trasferire a pochi giorni dall'operazione e dove mi prospettano la rimozione del rene come soluzione? In Italia, dove non risiedo piú?
A novembre 2011, ottengo un lavoro a Barcellona e comincio l'iter con la sanitá pubblica qua. Dopo moltissimi mesi d'attesa, vinco (perchè per come stanno le cose qua e nel resto d'Europa, che ti operino è una vittoria) una seconda operazione presso la Fundaciò Puigvert (http://www.fundacio-puigvert.es), una clinica specializzata in nefrologia. Stesso procedimento, ureteroscopia per rimuovere il frammento di 3,5cm nel calice superiore. Altro stent, stessi dolori.
E come il perfetto stereotipo di donna sull'orlo di una crisi di nervi, pensai che dedicare il mio tempo libero a distruggere quel poco che rimaneva della mia persona con alcool e feste sconsiderate, anche se non era una soluzione, almeno era divertente.
Agli inizi di aprile 2011, probabilmente a causa della mia "erronea idratazione", vengo colta dalla prima cistite. Un dolore fortissimo, la coda al Pronto Soccorso, antibiotico di routine e a casa. Il problema è che la cistite, nonostante l'antibiotico, non passa e dopo 48 ore sono di nuovo al Pronto Soccorso. Insisto perchè mi visiti un urologo, perchè mi ricordo di essere cistinurica e puó darsi che l'infezione sia portata da un calcolo. So che i dottori odiano i pazienti che si autodiagnosticano, peró io che ho sempre trascurato (e ignorato) la mia malattia, so perfettamente che si tratta di una malattia rara e che ben pochi dottori sanno di cosa sto parlando e quindi mi sento autorizzata a dare un suggerimento.
L'urologo mi ascolta e mi fa un'ecografia. Non so che cosa sia riuscito a vedere, ma mi intima di presentarmi per una TAC la settimana successiva. Il giorno della TAC, il giovanotto belloccio che realizza l'esame mi dice una frase che lí per lí non colgo: "Non avevamo mai visto una cosa simile in questo ospedale". Mi risulta quasi divertente. Non ci dó peso, del resto sono troppo impegnata ad andare in trasferta a Londra ogni settimana e a bere come una spugna ogni weekend.
Arriva il giorno di Pasquetta del 2011, con un post sbornia inenarrabile, vado dall'urologo per discutere il risultato della TAC e, quando il dottore mette le lastre sullo schermo illuminato, mi crolla il mondo addosso. Non mi dimenticheró mai quella mattina, né l'immagine del mio rene sinistro completamente bianco. Un calcolo cosidetto "a stampo" occupava al 90% il calice renale. Un mostro di quasi 7cm di lunghezza ostruiva il mio rene. Bisogna intervenire. E il giorno di Pasquetta del 2011 inizia il mio calvario personale.
Il primo intervento si realizza in ureteroscopia con laser per frantumare la pietra. Nessuna cicatrice visibile, ma il risultato di bonifica del rene è solo parziale. L'urologo rimuove solo il nucleo centrale (e sono convinta che di piú non avrebbe potuto fare) e mi lascia per la prima volta in compagnia di uno stent, un grazioso catetere che collega il rene alla vescica e fa in modo che il tuo uretere, giá duramente provato dal passaggio dell'ureteroscopio, non collassi su se stesso o non venga ostruito da frammenti di calcolo.
Il post operatorio è doloroso. Il fare pipí è un'agonia, ma per fortuna tutto passa. Lentamente, ma passa.
Il lavoro per salvare il mio rene era ben lungi dall'essere concluso, quindi mi tocca rimettermi in cerca di un buon urologo. Dove? In Inghilterra, dove per cause di forza maggiore mi sono dovuta trasferire a pochi giorni dall'operazione e dove mi prospettano la rimozione del rene come soluzione? In Italia, dove non risiedo piú?
A novembre 2011, ottengo un lavoro a Barcellona e comincio l'iter con la sanitá pubblica qua. Dopo moltissimi mesi d'attesa, vinco (perchè per come stanno le cose qua e nel resto d'Europa, che ti operino è una vittoria) una seconda operazione presso la Fundaciò Puigvert (http://www.fundacio-puigvert.es), una clinica specializzata in nefrologia. Stesso procedimento, ureteroscopia per rimuovere il frammento di 3,5cm nel calice superiore. Altro stent, stessi dolori.
Non so perchè ho sentito l'esigenza di raccontare pubblicamente il mio percorso. O meglio, ci sono molte ragioni e non so individuare quella che pesa di piú.
Sicuramente sono stanca di descrivere alle persone la mia malattia. Sono stufa di dover ripetere a chi speranzoso mi dice "Ok, allora adesso ti operi e poi starai bene definitivamente." che non è così. Che la mia malattia non ha una cura, che no, non guariró per quante operazioni io faccia.
Peró in questo ultimo ricovero (che poi per idiozie burocratiche sono stati due), mi è toccato dividere la stanza con due donne affette da cancro. Donne come me, donne che avevano molta meno speranza di me sulla carta, ma che entrambre dimostravano una forza e una tenacia invidiabili. Donne giovani e combattenti.
La vita, anche se suona banale, è ingiusta, ma non per questo non vale la pena di essere vissuta, a testa alta, sempre. Per questo continuo a lottare, anche se in questo momento mi fa male ogni singolo muscolo del mio corpo. E continuo a lottare per quelli che come me hanno avuto in sorte il nascere "rari".
Sicuramente sono stanca di descrivere alle persone la mia malattia. Sono stufa di dover ripetere a chi speranzoso mi dice "Ok, allora adesso ti operi e poi starai bene definitivamente." che non è così. Che la mia malattia non ha una cura, che no, non guariró per quante operazioni io faccia.
Peró in questo ultimo ricovero (che poi per idiozie burocratiche sono stati due), mi è toccato dividere la stanza con due donne affette da cancro. Donne come me, donne che avevano molta meno speranza di me sulla carta, ma che entrambre dimostravano una forza e una tenacia invidiabili. Donne giovani e combattenti.
La vita, anche se suona banale, è ingiusta, ma non per questo non vale la pena di essere vissuta, a testa alta, sempre. Per questo continuo a lottare, anche se in questo momento mi fa male ogni singolo muscolo del mio corpo. E continuo a lottare per quelli che come me hanno avuto in sorte il nascere "rari".